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Guido nella notte calda d’agosto col finestrino aperto dopo una giornata di lavoro. Un’altra, domani, tra poche ore.

I lampi guizzano tra le nuvole. Nella radio suona, sommessa, una musica del passato.

Sono stanca.

Guardo la striscia bianca scorrere davanti ai fari, lungo la strada deserta.

Sono stanca di questa giornata e di quella che deve ancora venire.

Il tempo è una ruota che gira, che gira, che gira.

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Ieri tornavo a casa ad un’ora insolita: era ancora il tramonto.
Il vento aveva ripulito il cielo e le montagne scintillavano nella luce.

Nel cd avevo la musica che abbiamo ascoltato con le tue foto dell’Africa.
(Avevo pensato subito, sentendola, che fosse una colonna sonora perfetta per quelle immagini.)
Così continuavo a vedermele di fronte, come diapositive proiettate nella mente, in mezzo al mio viaggio.
I paesaggi sterminati, i volti dei bambini, le capriole intorno al pallone.

Un’auto. (Qui.)
(Click.)
Un elefante. (Là.)

Uno spruzzo di neve. (Click.) La scuola in mezzo alla savana.
Una nuvola. (Click.) La fila di jeep nere sull’orizzonte sconfinato.
Un cartello. (Click.) L’elicottero che si alza in volo.
La spazzatura ai bordi della strada. (Click.) Il camion gremito di gente che va la mercato.

Pensavo che ci sono decine di posti in cui non andrò mai.
Ma mi piace sentirli raccontare, da te che ci sei stato.
E non m’importa che la mia fetta di mondo sia così sottile, se posso guardare coi tuoi occhi.

Soundtrack: Agricantus, Hawa

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Oggi è un nuovo giorno, sgusciato dalla bruma del mattino.
Abbiamo lasciato aperte le persiane per far entrare l’alba.
La luce è come miele spalmato contro i vetri.

Andiamo in cerca del Po che la rugiada è ancora alta.
Stradine tutte curve in cui s’incrociano trattori.
Infine il grande fiume, aperto, scintillante, il silenzio ronzante della campagna vicina al mezzogiorno.

L’argine fangoso continua per chilometri.
Sulla sinistra i boschetti ordinati, coi tronchi d’argento; i campi dalla terra nera, grassa, rivoltata; le stoppie pungenti del granturco. Le foglie che ci nevicano in testa ad ogni soffio di vento.
A destra il fiume, placido; qualche rado arbusto; il volo elegante degli aironi.

Più tardi ci sediamo sulla riva.
Tengo gli occhi chiusi nell’azzurro e soffio lenta il fumo, mi circondo del suo aroma.
Decine di coccinelle vengono a cercarci. Le guardiamo atterrare e decollare dalla punta di un dito, dal palmo della mano.

Osservo l’ombra allungarsi verso l’acqua, col procedere del giorno.
Presto mi lambirà la testa, le spalle, la schiena.
Intanto indugio in questa sospensione e non mi manca nulla.

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E’ cominciata così.
Con gli spari dei cacciatori tra le canne del bambù, il muggire delle vacche, l’odore del fieno così forte che ubriaca e le anatre di legno distese a pelo d’acqua, per richiamo.

I due taxòdi a guardia delle mura seicentesche e il cielo blu che solo ad Ognissanti, qui nella Bassa.

Poi sono venuti il portico brulicante di cuccioli, il ciocco che scoppietta nel camino, i cavalli carichi di mosche, il disco rosso del sole che incendia i pioppeti, le caldarroste fumiganti nella sera.

Silenzio, nella camera enorme.
Luci fioche, pavimento di cotto, letti alti in cui smarrirsi sotto un palmo di coperte.

Intorno sono i campi, i filari, le siepi, le stalle, gli insetti, la rugiada, le costellazioni.
Il buio sconosciuto, senza rumore umano.

La nostra solitudine, gettati in mezzo alla natura, pure con questi mattoni antichi a protezione, quasi mi ferisce.
Ascolto per ore il sangue pulsarmi nelle vene, finché non mi addormento.

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Tutta la pubblicità che compare sul mio blog non è stata autorizzata da me, né posso far nulla per rimuoverla, come spiego in questo post.
Ecco perché, per il momento, cambio casa.

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