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20, ormai 21 aprile 2006
adesso me ne vado per le stelle. un uccello notturno fa la sua musica: non è un grido, è un canto. una sinfonia.

22 aprile 2006
quaggiù il cielo è più vicino. saranno i rami che lo toccano, le nuvole che corrono, la groppa delle montagne così sinuosa e verde. sarà la neve che si scioglie e intride d’acqua la terra, i cuculi che chiamano da una sponda all’altra della valle, i campanili come bandiere a segnare i borghi che scintillano. saranno le ali che ronzano, i comignoli che fumano, le porte di chiese socchiuse tra il buio e la luce. code di bisce striscianti e odore violento d’albicocca matura, che mi lascia senza fiato: quasi io non dovessi tornare.

23 aprile 2006
ieri sera ho cercato il buio. acceso il sigaro. scendeva un vento dalla montagna. un motore gemeva. il ruscello scorreva sulle pietre del greto. l’albero s’è scrollato di foglie. una stella è caduta. un cane è venuto a leccarmi la mano.

oggi, sulla cima del monte Penna, ero sola.
sola e nuda sulla dura roccia.
sola con gli insetti, coi fiori, con i rami in boccio, con le ultime lingue di neve.
e, tutt’intorno, cimedirupilaghitettipratiforestenuvolecielouccelliraffiche…
oggi ero sola sulla cresta del mondo e, tutt’intorno, la terra girava.

24 aprile 2006
siamo venute su da una pietraia in mezzo ai pini odorosi di resina. dall’alto si vedeva la valle, aperta, con i paesi sparsi, coperti o scoperti dalle nuvole, a seconda del vento.
poi siamo scese dentro gli alberi, dentro la palude, oltre il maneggio, giù per foglie e pigne e terra smossa dai cinghiali.
il legno tagliato mi ha riportato in una stanza, nel rumore del suo pavimento, nel profumo delle sue assi spinose.
è questa l’ora che sedevo sul letto, la finestra spalancata sull’afa del pomeriggio, le cicale impazzite. l’ora che il contadino cede al sonno, finché il sole non si fa gentile.
ora siedo su una terrazza del casentino, bevo vino e ricordo.
alla memoria pago il mio tributo di fumo, più pigro della brace che raffredda, più lento del volo delle rondini, più lontano del sogno e della quiete.

sono sola. cammino lungo il naviglio. il mago del pedale è già in fuga da ore.
sento un’urgenza di parole attraversarmi le dita, ma non è ancora poesia.
ieri notte, tra le mura di bergamo, soffiava il vento dell’isola. vento salato, di alghe di mare.
stamattina, l’acqua del canale ha l’odore del porto nei primi temporali di settembre.
ed io mi sento esposta, con le valve aperte.
respiro la pioggia che s’avvicina.
ascolto il mio corpo ribellarsi al dolore, arrendersi al presente.
restare, semplicemente, dov’è.

infine ecco la pioggia
io non chiedo più nulla
non penso non sono
che acqua che cade dal cielo
fumo che sale dal sigaro
grigio nel grigio
turbine come di schiuma
e silenzio
crepitio di foglie bagnate
amore

ti penso
una musica da riascoltare
dopo ogni nostro incontro

l’auto profuma ancora del tuo sigaro
il cuore è ancora grato alle tue mani
a quell’ora, alta, della notte in cui tutte le cose
svelano il loro vero volto

desideravo tanto che mi ci portassi
in quel buio profondo di nuvole
e che restassi, insieme a me, dentro una parentesi di gioia
lontani da tutto, vicini a tutto

così è stato

semplicemente perfetto

silenzioso

pieno d’amore come tu sai essere
quando sei felice

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Ecco perché, per il momento, cambio casa.

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